Educatrice Perinatale: quali opportunità di lavoro offre questo ruolo?

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L’Educatrice Perinatale è una figura professionale sempre più richiesta, capace di accompagnare le famiglie lungo tutto il periodo perinatale, che va indicativamente dal concepimento ai primi mesi di vita del bambino. Ma quali sono, concretamente, le opportunità di lavoro per un’educatrice perinatale? Dove e come può trovare spazio nel panorama professionale attuale?

In questo articolo esploriamo i principali sbocchi lavorativi dell’educatrice perinatale, con uno sguardo realistico, aggiornato e in linea con le esigenze delle famiglie di oggi.

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Una figura versatile in un settore in evoluzione

Il contesto perinatale è in trasformazione. Da un lato, cresce la consapevolezza dei genitori rispetto al valore del sostegno qualificato nei primi mille giorni di vita del bambino. Dall’altro, aumentano i bisogni legati alla solitudine genitoriale, all’accesso a informazioni affidabili e alla ricerca di esperienze che integrino cura, accoglienza e professionalità.

L’educatrice perinatale può rispondere a queste esigenze grazie a un approccio fondato su tre pilastri:

  • Ascolto e relazione, per offrire uno spazio accogliente e non giudicante;
  • Competenze scientifiche, per trasmettere informazioni aggiornate e fondate;
  • Strumenti operativi, per accompagnare concretamente le famiglie nella quotidianità.

Dove lavora un’Educatrice Perinatale?

Non esiste un unico sbocco professionale, ma un ventaglio di possibilità che può essere modulato a seconda della formazione pregressa, del contesto territoriale e delle scelte personali.

1. Servizi per la prima infanzia e il sostegno alla genitorialità

Molte Educatrici Perinatali lavorano in nidi, spazi gioco, ludoteche o centri per famiglie, dove propongono:

  • incontri informativi per neogenitori;
  • percorsi pre e post-parto;
  • laboratori esperienziali per genitori e bambini.

In alcuni territori è possibile collaborare con consultori familiari, associazioni locali o progetti pubblici di prevenzione e promozione del benessere perinatale.

2. Libera professione e progettazione autonoma

Una parte significativa delle Educatrici Perinatali sceglie la libera professione, con attività come:

  • accompagnamento alla nascita (individuale o in gruppo);
  • consulenze post-parto e supporto al rientro a casa;
  • corsi su allattamento, sonno, bisogni del neonato;
  • laboratori per favorire la relazione genitore-bambino.


La progettazione autonoma consente grande flessibilità e la possibilità di costruire un’identità professionale coerente con le proprie competenze e valori.

3. Collaborazioni multidisciplinari

L’educatrice perinatale può inserirsi in team multidisciplinari, affiancando:

  • ostetriche nei percorsi nascita e nel post-parto;
  • psicologhe o counselor familiari in progetti educativi;
  • centri di accompagnamento alla maternità o enti formativi.

I benefici dell’alimentazione al seno per mamma e bambino sono ormai considerati un dato di fatto, supportato dalla vastissima letteratura scientifica disponibile.

Riassumendo, possiamo dire che i 3 vantaggi principali sono:

  1. Fornisceprotezione contro le malattie gastrointestinali e respiratorie che, contrariamente a quanto si crede, comunemente sono presenti, seppur in misura minore, anche nei paesi industrializzati e non solo in quelli in via di sviluppo;
  2. Riduce gli episodi di diarrea e dissenteria, una delle cause della morte neonatale.
  3. Fornisce energia e sostanze nutritive che migliorano lo sviluppo cerebrale e riducono il rischio di sovrappeso e obesità in età adulta. Il latte materno garantisce oltre il 50% del fabbisogno tra i 6 e i 12 mesi e oltre il 35% tra i 12 e i 24 mesi

L’allattamento al seno è protettivo anche nei confronti della madre e contribuisce a ridurre il rischio di cancro alle ovaie e al seno, oltre ad avere un blando effetto di contraccettivo naturale, inducendo l’assenza delle mestruazioni (amenorrea da allattamento) aiutando così a distanziare le gravidanze.

A proposito di latte materno, riteniamo sia fondamentale fare un piccolo approfondimento su come avviene la produzione di questo alimento così importante nel corpo della donna.

Competenze trasversali: ampliare e personalizzare il proprio profilo

Uno degli aspetti più strategici del lavoro dell’educatrice perinatale è la possibilità di integrare competenze trasversali, costruendo un profilo unico e riconoscibile. Queste competenze permettono di differenziarsi e rispondere meglio ai bisogni delle famiglie.


Tra le competenze più utili troviamo:

  • Massaggio infantile (es. AIMI): per corsi genitore-neonato;
  • Portare in fascia (babywearing): molto richiesto nei percorsi post-parto;
  • Consulenza sul sonno: per accompagnare senza soluzioni rigide;
  • Lettura e narrazione precoce: per stimolare relazione e linguaggio;
  • Laboratori di movimento e gioco corporeo (psicomotricità, pedagogia del corpo);
  • Competenze digitali: per proporre percorsi online o ibridi;
  • Competenze interculturali: per una comunicazione più inclusiva.


Esempio concreto:
un’Educatrice Perinatale con formazione nel babywearing propone consulenze a domicilio, integrate con momenti di ascolto e accompagnamento. In questo modo offre un servizio completo e altamente personalizzato, che risponde a un bisogno reale delle famiglie nel post-parto.

Gli stessi ormoni che guidano i cambiamenti psico-fisiologici del corpo della mamma durante la gravidanza sono responsabili dei cambiamenti del seno nella preparazione e nel proseguimento dell’allattamento. Il primo cambiamento che la mamma può apprezzare da sola avviene nel I trimestre di gravidanza ed è chiamato "fase di accrescimento": in questa fase dotti e alveoli crescono rapidamente e i seni appaiono sensibili al tatto e di volume maggiore. È la fase chiamata Mammazione ed è spinta dagli estrogeni (aumento dei dotti) e dal progesterone (accrescimento degli alveoli) . Solo una piccola parte di accrescimento coinvolge il tessuto adiposo e quello di sostegno. Dopo l’accrescimento del primo trimestre il sistema va in pausa fino a 12 settimane prima del parto, quando le ghiandole mammarie cominciano a secernere il colostro, grazie alla spinta della prolattina che contemporaneamente provoca la caduta dei livelli di estrogeni e progesterone. Questa fase chiamata Lattogenesi I durerà fino al secondo giorno dopo il parto. Successivamente compare la montata lattea (Lattogenesi II) che dura dal terzo all’ottavo giorno dopo il parto (l’inizio fisiologico è tra le 30 e le 40 ore dopo il parto). In questa fase, anch'essa controllata dagli ormoni, il seno appare turgido e caldo. Gli ormoni sono implicati anche nell’aumento della circolazione dei vasi sanguigni sottocutanei (necessario per sostenere le nuove richieste metaboliche del tessuto mammario), che determinano il cambiamento di pigmentazione e la grandezza dell’areola e del capezzolo. Dal 9° giorno fino alla fine dell’allattamento, il sistema si autoalimenta e non è più governato dagli ormoni, ma la produzione di latte è regolata dalle richieste del bambino mediante la suzione e lo svuotamento del seno è sotto il controllo autocrino, secondo il meccanismo della domanda e dell’offerta. Il passaggio dal controllo ormonale della produzione di latte al controllo guidato dal bambino avviene in modo graduale ed è necessario un periodo di adattamento (la calibrazione) che dura dalle 4 alle 6 settimane dall’inizio di questa fase (si parla, nello specifico, di Lattogenesi III). Nel sistema della domanda e dell’offerta è coinvolto l’ormone ossitocina che è responsabile della contrazione delle piccole cellule muscolari che circondano l’alveolo che permettono la spinta del latte verso il capezzolo (riflesso di eiezione del latte). L’ossitocina è prodotta maggiormente a seguito di stimoli visivi, tattili, uditivi e psicologici, quindi quando la mamma vede, sente, tocca ed è in sintonia con il suo bambino (da qui l’importanza biologica della tranquillità). ed è inibita dal dolore, dallo stress (produzione di cortisolo), dal disagio psico-fisico, dall’assunzione di alcool e nicotina.
Gli stessi ormoni che guidano i cambiamenti psico-fisiologici del corpo della mamma durante la gravidanza sono responsabili dei cambiamenti del seno nella preparazione e nel proseguimento dell’allattamento. Il primo cambiamento che la mamma può apprezzare da sola avviene nel I trimestre di gravidanza ed è chiamato "fase di accrescimento": in questa fase dotti e alveoli crescono rapidamente e i seni appaiono sensibili al tatto e di volume maggiore. È la fase chiamata Mammazione ed è spinta dagli estrogeni (aumento dei dotti) e dal progesterone (accrescimento degli alveoli) . Solo una piccola parte di accrescimento coinvolge il tessuto adiposo e quello di sostegno.
Dopo l’accrescimento del primo trimestre il sistema va in pausa fino a 12 settimane prima del parto, quando le ghiandole mammarie cominciano a secernere il colostro, grazie alla spinta della prolattina che contemporaneamente provoca la caduta dei livelli di estrogeni e progesterone. Questa fase chiamata Lattogenesi I durerà fino al secondo giorno dopo il parto.
Successivamente compare la montata lattea (Lattogenesi II) che dura dal terzo all’ottavo giorno dopo il parto (l’inizio fisiologico è tra le 30 e le 40 ore dopo il parto). In questa fase, anch'essa controllata dagli ormoni, il seno appare turgido e caldo.
Gli ormoni sono implicati anche nell’aumento della circolazione dei vasi sanguigni sottocutanei (necessario per sostenere le nuove richieste metaboliche del tessuto mammario), che determinano il cambiamento di pigmentazione e la grandezza dell’areola e del capezzolo.
Dal 9° giorno fino alla fine dell’allattamento, il sistema si autoalimenta e non è più governato dagli ormoni, ma la produzione di latte è regolata dalle richieste del bambino mediante la suzione e lo svuotamento del seno è sotto il controllo autocrino, secondo il meccanismo della domanda e dell’offerta. Il passaggio dal controllo ormonale della produzione di latte al controllo guidato dal bambino avviene in modo graduale ed è necessario un periodo di adattamento (la calibrazione) che dura dalle 4 alle 6 settimane dall’inizio di questa fase (si parla, nello specifico, di Lattogenesi III).
Nel sistema della domanda e dell’offerta è coinvolto l’ormone ossitocina che è responsabile della contrazione delle piccole cellule muscolari che circondano l’alveolo che permettono la spinta del latte verso il capezzolo (riflesso di eiezione del latte). L’ossitocina è prodotta maggiormente a seguito di stimoli visivi, tattili, uditivi e psicologici, quindi quando la mamma vede, sente, tocca ed è in sintonia con il suo bambino (da qui l’importanza biologica della tranquillità). ed è inibita dal dolore, dallo stress (produzione di cortisolo), dal disagio psico-fisico, dall’assunzione di alcool e nicotina. 

Educatrice Perinatale: si può vivere di questo lavoro?

La risposta è: sì, con una buona progettazione. Il lavoro nel perinatale non è una “chiamata” romantica, ma una vera professione, che richiede competenze, metodo e visione. Non esiste un “posto fisso” come educatrice perinatale, ma è possibile costruire una carriera autonoma o collaborativa in modo sostenibile.


Molte professioniste integrano questo ruolo con altri ambiti: puericultura, consulenze educative, sostegno alla neo-genitorialità, attività in enti o associazioni. L’importante è partire da una base solida e riconoscibile, come quella che può offrire un percorso formativo completo.

Un Master per entrare nel perinatale in modo competente

Se stai valutando un percorso in questo ambito, è importante scegliere una formazione che ti dia:

  • una solida base teorica fondata sulla scienza e sull’esperienza;
  • strumenti operativi da usare da subito;
  • spazi di pratica e confronto;
  • riconoscibilità professionale.


Il Master in Educatrice Perinatale di VivInfanzia nasce proprio per questo: aiutarti a costruire un’identità professionale chiara e preparata, capace di rispondere alle esigenze delle famiglie e del territorio.

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